Centralità Urbana Lunghezza-Ponte di Nona / Lottizzazione Ponte di Nona / PdZ Lunghezza-Castelverde

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ANALISI

Ponte di Nona: una zona molto vasta, compresa tra la Prenestina alla Collatina, collegata da una manciata di autobus alla stazione della FR2 (Roma-Tivoli) di Lunghezza e più recentemente a quella di Salone, nell’attesa di una fermata Ponte di Nona che i residenti probabilmente dovranno strappare con le unghie all’amministrazione. Case per un totale di 60.000 abitanti, fra edilizia abusiva condonata, edilizia residenziale pubblica ed edilizia privata firmata dai più grandi costruttori romani.

La storia di quest’area la prendiamo in prestito dalla descrizione del progetto della centralità urbana Lunghezza-Ponte di Nona fornita dal Comune di Roma:

L’area prende il nome dall’antico ponte eretto sul torrente Marrana. Il ponte è infatti così chiamato perché posto al IX miglio della via Prenestina. Ma anche il medievale castello di Lunghezza ha una storia antica. I primi insediamenti umani attorno a questa rupe risalgono infatti al Paleolitico. Nei secoli, poi, il castello ha avuto tanti ospiti illustri, tra i quali Michelangelo ed Eleonora Duse.
Intorno al nucleo storico del Castello di Lunghezza sono sorti in fasi successive, a partire dal secondo dopoguerra, numerosi nuclei spontanei oggetto di un risanamento urbanistico ancora in corso di attuazione. Inoltre in questa area è in corso di ultimazione un vasto programma di trasformazione urbanistica, costituito dalla lottizzazione Ponte di Nona e dai Piani di Zona Lunghezza e Castelverde, che prevede la realizzazione di nuove residenze, dove stanno trovando alloggio circa 60.000 persone.

Quindi, ricapitolando, abbiamo l’insediamento storico fuori città del Castello di Lunghezza attorno al quale nascono nel dopoguerra numerosi nuclei spontanei. A fine anni ’90, si decide per il completamento di questi nuclei attraverso Piani di Zona, dunque aree di Edilizia Residenziale Pubblica, e lottizzazioni private per arrivare ad un totale di 60.000 abitanti insediabili. Ad eccezione delle zone di risulta, solo una parte del paesaggio agricolo nell’area appoggiata alla via Prenestina e attraversata da via Ponte di Nona.
Infine, con il nuovo PRG, si decide di ovviare alle mancanze infrastrutturali per quanto riguarda mobilità e servizi. Ancora dalla descrizione del progetto:

L’area di Ponte di Nona è oggi un insieme di insediamenti residenziali senza un’adeguata rete di servizi e di collegamenti. Pertanto con la realizzazione della nuova Centralità si intende dotare l’area dei servizi di cui necessita.

Le quantità sono esclusivamente a destinazione commerciale, direzionale (pubblica e privata) e ricettiva. Il 75% circa delle cubature riguarda il nuovo centro commerciale, RomaEst, che gareggia per il primato di centro commerciale più grande d’Europa con altre strutture simili costruite in questi anni nella capitale. Proprietà del gruppo PAM Spa, gestito dalla Larry Smith Srl, prevede 110 mila metri quadrati su due livelli per un bacino di utenza superiore al milione di visitatori l’anno. Oltre al centro commerciale, si prevede un grande complesso alberghiero-congressuale ad incrementare la domanda di mobilità dell’area. Ancora:

Per rendere più accessibile la zona dal resto della città è in corso di attuazione il raddoppio dei binari della ferrovia FR2 e la realizzazione di una nuova stazione “Ponte di Nona” e di un nodo di scambio di livello metropolitano nell’area della Centralità.

Ad oggi, della nuova stazione non vi è neanche l’ombra. Sparita dai programmi, è definita “in via di progettazione”. A soddisfare la richiesta di mezzi pubblici vi sono alcuni autobus e le stazioni della FR2 Roma-Tivoli, Salone e Lunghezza, a distanze non proprio ravvicinate e con un trasporto fortemente sottodimensionato rispetto alla domanda (i vagoni vengono descritti come “carri bestiame” dai cittadini che la utizzano).

Tutta la mobilità si riversa dunque sulle due consolari, Prenestina e Collatina (una corsia a testa), con ingorghi già solo per uscire dal quartiere. Nel frattempo è stato aperto un casello sulla Roma-L’Aquila per i più fortunati, che possono permettersi di pagarne il prezzo (1 euro a tratta, che comporta una spesa di circa 500 euro annue per andare a lavorare all’interno del Raccordo).

Sono stati dunque ridotti o eliminati dall’agenda gli interventi sul servizio pubblico, necessari qui come in tutta la capitale per ridurre i volumi di traffico enormi che attraversandola la rendono invivibile (basti pensare alla quantità di spazio pubblico destinata alla mobilità carrabile, all’inquinamento o al tempo medio passato dai romani all’interno di un’autovettura). L’argomento del contendere, in materia di mobilità, è diventato proprio il pedaggio sulla A24 o quello ipotizzato per il GRA, e la previsione della realizzazione delle complanari dell’autostrada.

Fatto questo appunto su uno dei fattori più importanti, dato che stiamo analizzando un quartiere enorme che sorge fuori città e funziona come un satellite di questa, siamo curiosi di sapere se gli altri servizi previsti (la nuova sede del Municipio VIII, un centro per la Sanità, un mercato all’aperto che diverrà una delle sedi del decentramento di Porta Portese, un’area verde centrale) avranno una sorte migliore. A questa domanda potremo forse rispondere fra molti anni, in obbedienza al fatto che, in un regime di mercato in cui gli interessi pubblici non sono adeguatamente tutelati, gli imprenditori realizzano per prime le opere che garantiscono un ritorno immediato in termini di profitti (ovvero il centro commerciale) e tutto il resto viene spalmato su un tempo più lungo possibile.

Alla fine dei conti, la domanda fondamentale è sicuramente: perché qui? Sessanta mila abitanti sono quelli di una città come Potenza. Che urbanistica è quella che ha pensato di costruire la nuova città qui, a 5 km dal Grande Raccordo Anulare e 22 dal centro storico, lontana dalla città dove presumibilmente la maggior parte dei residenti si reca giornalmente?

La risposta è semplice, non è più urbanistica ma edilizia. In origine, l’edilizia abusiva di necessità, che tanto ha martoriato il paesaggio di questo paese offrendo perlomeno una risposta alla domanda abitativa di molte persone. In seguito, l’edilizia arrogante dei costruttori romani, che ha valorizzato ogni metro quadro di suolo passato da a destinazione agricola a lottizzazione residenziale. Quest’ultima realtà è evidente nel replicarsi all’infinito dei pochi modelli degli edifici e, ancor più nello specifico, nelle costruzioni di Caltagirone: decine di edifici a quattro piani il cui progetto architettonico dei balconi a fasce (smussati o meno) è il marchio di fabbrica della nuova lottizzazione, nonché di tanti altri luoghi in giro per la capitale.

(GSX)
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SOPRALLUOGO

La zona è molto vasta, e ci accorgiamo subito che un sopralluogo di una giornata è insufficiente per coglierne tutti gli aspetti. Perciò, poiché il nuovo centro commerciale non ci suscitava questo grande interesse, abbiamo preferito dedicare il nostro tempo alle aree residenziali.

Iniziamo dalla zona della lottizzazione, all’interno della quale ritroviamo molti dei più grandi nomi dell’edilizia romana. Questa è costituita da edifici (la cui varietà è più o meno quella di una sequenza di codice binario) costeggiati da strade molto ampie, con abbondanti spazi di parcheggio e neanche un albero. C’è una via commerciale (via Raul Chiodelli), in cui sono presenti negozi al piano terra, e ci viene detto che è un’eccezione e che la gran parte dei locali a piano terra del quartiere sono invenduti. Vista la vicinanza del centro commerciale, non ci viene difficile immaginare il perché.

Facciamo un giro per il parco lineare centrale, uno spazio gradevole fiancheggiato dalle residenze. Il parco è attraversato da un viale alberato (due file di pini preesistenti) ai cui lati si trova un verde piuttosto incolto, e ospita alcuni spazi privati per lo sport, una biblioteca, delle panchine all’ombra e due giostre per bambini (il Parco Giochi Roma Est, generosamente donato alla cittadinanza dalla proprietà del centro commerciale).

I pini del parco sono fra i pochi alberi presenti e questo, in una caldissimo pomeriggio d’Estate, non aiuta il sopralluogo. Decidiamo perciò di fermarci a fare due chiacchiere con un’addetta dell’ufficio vendite Santarelli, all’interno di un container che offre almeno un po’ di refrigerio. L’addetta ci illumina sul mercato immobiliare raccontandoci come Ponte di Nona sia la zona con i valori più bassi della capitale, quale fosse stata la cronologia dei prezzi al metro quadro nel quartiere e come la tracciabilità dei fondi abbia creato una paralisi negli investimenti (criminali) sul mattone.

A questo punto, decidiamo di andare a vedere l’altra faccia del quartiere, quella degli insediamenti spontanei e delle case popolari. Queste aree sono poco collegate con la zona dei costruttori: in mezzo vi sono i saliscendi orografici delle zone lasciate incolte fra i complessi delle diverse aree residenziali, testimoni di quella che fino a pochi anni fa doveva essere campagna.

Ci perdiamo lungo le strette strade senza uscita della ex zona abusiva, per poi arrivare nella zona delle case popolari dove ad attenderci sono in sequenza un grande ipermercato e una serie di carcasse di automobili. Percorriamo il parco, o meglio i parchi visto che quello che doveva essere stato progettato come un verde continuo interrotto talvolta dalle strade carrabili è diventato una serie di spazi recintati fisicamente con delle grate in corrispondenza delle strade carrabili. Questi spazi, che possono essere definiti verdi solo in una cartografia, offrono fontanelle senza acqua, invasi per la raccolta delle acque che non hanno mai funzionato (su cui ci si può però divertire con lo skateboard), terra bruciata dal sole e qualche spiga. Le case popolari dell’ATER, che si affiancano a quelle delle cooperative, sono variopinte e potrebbero anche essere architettonicamente e tipologicamente interessanti, non lo escludiamo, se non fosse che la localizzazione a 20 km dal centro di Roma e i pochi collegamenti (oltre che con la città, anche con la lottizzazione e la cosiddetta area dei servizi da dove venivamo) fanno percepire l’insediamento come un vero e proprio ghetto. La conferma di questo ci arriva incontrando le famiglie di occupanti sotto sgombero, il cui isolamento dalla vetrina del centro di Roma, e probabilmente anche dai movimenti che si battono per il diritto alla casa per tutti, è qualcosa di molto più grande di quei 20 km fisici.

P.S. Sicuramente abbiamo mancato molte cose in questo breve sopralluogo. Quello che sappiamo con sicurezza di esserci persi: le presistenze storiche, parte delle aree residenziali, la nuova Casa dello Studente della Sapienza (a 16 km di incomunicabilità con piazzale Aldo Moro, dove sorge la sede centrale dell’università), il centro commerciale Roma Est, nonché qualche chiacchierata in più con gli abitanti. Un altro aspetto interessante da osservare è sicuramente il variare alle diverse ore e nelle diverse giornate della vita del quartiere, che nel pomeriggio di un giorno feriale ci è apparsa quasi inesistente considerando il numero dei residenti.

(GSX)


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FOTOGRAFIE

Lottizzazione Ponte di Nona – Galleria fotografica

Piano di Zona Lunghezza-Castelverde – Galleria fotografica

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LINKS

Il progetto della centralità (dal sito Laboratorio Roma, estratto dal sito del Comune di Roma)

Ponte di Nona” (voce Wikipedia sul quartiere)

Plastico della lottizzazione Ponte di Nona
(vista dall’A24…il verde in 1° piano è dove oggi sorge RomaEst)

“I Re di Roma” (puntata di Report del 5/5/2008):

Per par condicio con quello sopra, un bel video sull’architettura di Ponte di Nona dal taglio entusiasta, introdotto dal commento laconico degli abitanti.

Foto e immagini varie (dal sito viapontedinona.it, vd. in particolare sezioni “Planimetria“, “Piano di Zona“, “Il quartiere che cresce“):

 

In cantiere le complanari dell’A24 (da Eddyburg…per la serie “cura del ferro”!)

La situazione della mobilità raccontata dai cittadini (maggio 2011)

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